sabato 24 dicembre 2016

Cibo consapevole: la lotta alla mafia inizia dalla tavola




Da: Bresciaoggi
di venerdì 23 dicembre 2016

Articolo di v.mor.

ACQUAFREDDA. Un contributo aperto a tutti

Il Gas propone la frutta di Rosarno È coltivata sui terreni confiscati

La mafia si combatte anche facendo la spesa. Come sia possibile lo spiega concretamente il Gruppo di acquisto solidale di Acquafredda (GasDotto), che ha deciso di aderire al progetto «Sos Rosarno»: una campagna di sostegno a produttori alternativi per il consumo di frutta.
Per una decina di famiglie del paese arance, mandarini e limoni arrivano direttamente dal cuore della Calabria; da una parte di regione umiliata e devastata dalla criminalità organizzata e da politiche inconsistenti.
«Abbiamo deciso di accogliere la proposta del Gas di Lonato, e scelto di acquistare arance e altra frutta prove- niente da terre confiscate ai clan mafiosi e riaffidate a coltivatori con una visione ben diversa dell’agricoltura», dice Pasquale Moffa. 
Poi, il membro del Gas di Acquafredda ricorda che «tutto è diventato possibile grazie all’impegno del Des (il Distretto equosolidale) Basso Garda, una realtà che si occupa di fornire ai consumatori prodotti agroalimentari biologici oltre che etici. Una realtà in crescita anche nel nostro territorio, nel quale molti agricoltori, in alternativa alla logica della produzione intensiva e delle monoculture, stanno decidendo di tornare alla terra nel senso letterale del termine, coltivare prodotti nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini».

OGNI DUE settimane, quindi, nel cuore della Bassa orientale arrivano cassette di frutta dalla Piana di Rosarno: «Queste sono arance con la vitamina L come legalità», aggiunge con un pizzico di orgoglio Moffa. In un territorio come quello della Bassa in cui la ’ndrangheta ha ormai messo radici attraverso clan tradizionali e non, come dimostra il processo Mamerte che si sta svolgendo in questi giorni nel Tribunale di Brescia, un gesto del genere assume un significato davvero particolare.
«Consumare arance e limoni delle terre che fino a poco tempo fa venivano utilizzate dalle ’ndrine per i propri affari criminali fa acquistare un sapore diverso a questi prodotti», conclude l’esponente del Gas. 


giovedì 24 novembre 2016

Rifiuti&Camorra: aperta inchiesta dopo le rivelazioni del pentito

Da: Giornale di Brescia 
di martedì 22 novembre 2016  

Scritto da Andrea Cittadini

La Procura di Brescia entro fine anno potrebbe ascoltare Nunzio Perrella Indagini nell’area indicata

Quel «al nord state rovinati» è finito in un fascicolo di inchiesta aperto dalla Procura di Brescia. Obiettivo fare piena luce sulle rivelazioni dell’ex boss della camorra, Nunzio Perrella, che al presidente del comitato ambientalista bresciano Gigi Rosa, nel corso di una trasmissione televisiva, ha spiegato il traffico di rifiuti pericolosi e nocivi che da anni interesserebbe il Bresciano.Inchiesta aperta, riflettori accesi. 

Agli atti. Perrella non si è limitato a fare l’elenco dei comuni di Montichiari, Castegnato, Ospitaletto e Rovato dove per un lungo periodo anche lui stesso avrebbe sversato veleni. C’è di più: l’ex boss ha scritto i nomi di imprenditori di casa nostra con i quali il «sistema dei rifiuti illeciti» avrebbe avuto contatti. Poi ha anche citato le discariche interessate. «Son tutte piene zeppe quelle cave» la versione di Perrella resa pubblica. Su un pezzo di carta ha però annotato altri aspetti ritenuti dagli inquirenti molto interessanti. Così l’uomo che ha cominciato a collaborare con la giustizia fin dal 1992, un anno prima della creazione della Procura Nazionale Antimafia,torna a vestire un ruolo determinante per capire cosa sia finito nel sottosuolo del nostro Paese e soprattutto della provincia bresciana. Il suo percorso di collaboratore di giustizia si era poi fermato al termine di importanti processi che avevano fatto luce sulla «terra dei fuochi» e sul caso Campania.Già avviato attraverso il Ministero della giustizia l’iter per poterlo ascoltare direttamente in Procura a Brescia e entro fine anno l’ex boss della camorra potrebbe essere convocato a Palazzo di Giustizia. Sarà sentito a sommarie informazioni, come persona informata sui fatti, ma non è da escludere che, davanti a conferme attendibili o rivelazioni ancor più dettagliate di quelle già registrate, Perrella possa iniziare un nuovo percorso da collaboratore di giustizia. Questo però è un capitolo ancora tutto da scrivere. 

Ieri e oggi. Di certo le dichiarazioni dell’ex boss, quel «a Montichiari state peggio che da noi a Napoli», e ancora «la monnezza è oro e ancora oggi il traffico non si ferma», hanno alzato il livello di attenzione sulla situazione ambientale a Brescia. «Questa provincia è diventata uno dei centri peggiori d’Italia per il trattamento dei rifiuti pericolosi» ha detto solo pochi giorni fa il procuratore generale Sandro Raimondi, commentando l’ultima inchiesta sul traffico illecito di rifiuti che ha portato all'arresto di sei persone e alla contestazione per la prima volta del reato di inquinamento ambientale in virtù delle nuove norme. Il fascicolo aperto al quarto piano di Palazzo di Giustizia dopo le dichiarazioni di Perrella servirà per valutare se effettivamente dagli anni ’90 ad oggi - come spiegato dall'ex boss - l’attività illecita non si sia mai fermata. Nel caso, le condotte del passato non potranno essere giudicate, mentre il discorso sarebbe completamente diverso davanti a fatti attuali.

martedì 22 novembre 2016

Rifiuti&Camorra parla il pentito: «Nel Bresciano siete rovinati»

Da: Giornale di Brescia
di martedì 22 novembre 2016

Scritto da Andrea Cittadini

L’ex boss Nunzio Perrella risponde al presidente di Sos terra Gigi Rosa: «Sversati rifiuti tossici»

«La monnezza è oro» dice convinto. Ripete quello che nella sua prima vita è stato un mantra. Passamontagna per nascondere il viso, ma nessun giro di parole. Nunzio Perrella,primo pentito della Camorra, dal 1992 collaboratore di giustizia, è un libro aperto sul traffico illecito di rifiuti che ha gestito per anni. «Io - dice battendosi il petto - ho riempito di rifiuti tossici il raccordo anulare a Roma. Ho avuto rapporti con i più grandi camorristi». Rivelazioni che anticipano la fotografia del territorio bresciano scattata da chi ha seminato veleni per una vita. Prima di pentirsi. «Ah, Montichiari...». «Il nord sta molto rovinato» racconta Perrella con accento napoletano davanti alle telecamere di Nemo,trasmissione di Raidue. Parla da un ristorante di Napoli e allo stesso tavolo c’è Gigi Rosa, presidente del comitato ambientalista bresciano SOS terra. «Io sono di Montichiari» spiega Rosa all’ex boss della Camorra. «Ah, Montichiari, mamma mia che zona» la replica immediata di Perrella. Che poi entra nel dettaglio. «Abbiamo sversato rifiuti tossici a Ospitaletto, Castegnato, Montichiari e Rovato».E ancora: «Le vostre discariche di quella zona sono tutte piene zeppe di rifiuti pericolosi». Poi la sentenza: «Voi al nord siete più rovinati di noi». E il «noi» è riferito alla zona della terra dei fuochi. «Il nord sta molto rovinato fin dal 1987. Poi quando è stato pieno di rifiuti ci siamo spostati al sud e ancora oggi l’attività non si ferma». Perrella ha cambiato vita«ma nonostante io sia collaboratore di giustizia ricevo ancora richieste di gestire rifiuti nocivi. Mi chiamano imprenditori, grandi imprenditori...». La reazione. «È stato un faccia a faccia di due ore e sono rimasto scioccato» ammette Gigi Rosa. «Un conto è sapere che esiste il traffico di rifiuti illeciti e un altro è sentirselo dire con tanto di particolari». Sono proprio i dettagli ad aver colpito il presidente del comitato Sos terra. «Uno su tutti? Quando Perrella ha parlato dei rapporti che c’erano con il mondo della politica e quella frase "per ogni carico di rifiuti dieci lire - stiamo parlando di 20 anni fa - andavano alla Camorra e 25 al politico che dava l’ok per gli sversamenti"». Tutto ormai passato? «Non credo proprio - dice convinto Rosa - visto che il pentito ha spiegato chiaramente che nulla è cambiato e che l’attività illecita continua e che la Camorra continua a fare i soldi sulla salute della gente. Sopratutto del nord». E il pensiero va così alla situazione bresciana, sempre più preoccupante. «Solo a Montichiari ci sono 13 milioni di metri cubi di rifiuti,a Brescia 67 milioni, ma nessuno tiene conto del sommerso - si sfoga Rosa - di tutto quello che 20-25 anni fa è stato sotterrato nel territorio»

domenica 9 ottobre 2016

Venerdì 14 ottobre, Nicola Tranfaglia a Brescia a presentare il suo libro "La mafia come metodo"

Venerdì 14 ottobre alle 20:30, presso la biblioteca "Parco dei libri" dell'Istituto Comprensivo Est 1 di Brescia in via Del Verrocchio n. 328, si terrà la presentazione del libro "La mafia come metodo" scritto dal professore Nicola Tranfaglia.

Alla serata sarà presente l'autore Nicola Tranfaglia, storico ed ex professore ordinario di Storia Contemporanea e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli studi di Torino.
Accanto a lui riderà Fernando Scarlata, docente di storia e scrittore, del Comitato Antimafia di Brescia "Peppino Impastato".

L'iniziativa è organizzata dal Comitato Antimafia di Brescia "Peppino Impastato" in collaborazione con il Circolo ACLI di San Polo e il patrocinio del Comune di Brescia.

Vi invitiamo e vi aspettiamo alla presentazione del libro "La mafia come metodo", un testo importante, coinvolgente e istruttivo perché volesse comprendere meglio il fenomeno mafioso.
Di seguito un'estratto del libro:

"Già prima delle stragi di Capaci e di via d'Amelio era chiaro che la mafia aveva un metodo di comportamento che si stava espandendo nelle istituzioni politiche e nella società civile dell'Italia contemporanea e che la reazione dello Stato si era dimostrata, fino a quel momento, debole e inefficace. Quello che sta accadendo ora appare come la conseguenza di una lunga coabitazione tra mafia e politica che è destinata a durare ancora fino a quando lo Stato non debellerà il fenomeno mafioso. Ma questo tentativo è davvero in corso? L'autore ha molti dubbi".

Maggiori informazioni potete trovarle alla pagina dedicata all'evento.

mercoledì 5 ottobre 2016

Le mille trame del faccendiere bresciano: «Tutti hanno un prezzo»

Da: Corriere della Sera - Brescia (edizione online)
mercoledì 5 ottobre 2016

Scritto da Wilma Petenzi

Alessandro Raineri millantava rapporti con il banchiere Giovanni Bazoli e con il giudice Frigo. Accertati i contatti con l’ex prefetto di Milano e di Brescia Francesco Tronca

Vantava amicizie e conoscenze importanti, quelle che possono aprire parecchie porte, risolvere problemi e portare affari. Affari importanti. In alcuni casi la conoscenza era reale, ma nella maggior parte delle situazioni si trattava di esagerazioni, nomi pronunciati a casaccio, solo per fare colpo. Per la procura milanese Alessandro Raineri, bresciano di 73 anni, nato a Palazzolo sull’Oglio, ma residente a Cellatica, era un millantatore. Millantato credito è uno dei reati contestati a Raineri, oltre all’accusa di essere destinatario di somme distratte da società fallite. Le «amicizie», anche a Roma, Raineri le spendeva con gli imprenditori coinvolti nella maxi inchiesta milanese: «Tutti sono corruttibili» era solito dire. 

I retroscena e i contatti
Dalle intercettazioni emerge una fitta di rete di rapporti e relazioni di Raineri con pubblici ufficiali. La procura ha accertato «l’esistenza di contatti con l’ex prefetto di Milano e di Brescia Francesco Tronca, che lo chiamava - si legge nell’ordinanza del giudice Alessandra Simion - per sollecitargli l’organizzazione di una cena con il consigliere regionale Alessandro Sala (pure lui di Palazzolo) con monsignor Vittorio Formenti (anche lui bresciano) che, pur operando all’interno del Vaticano, chiedeva a lui dei pass per presenziare a funzioni liturgiche all’interno della Santa Sede». Per poter andare all’udienza del Papa chiedeva aiuto a Raineri una dipendente della corte d’appello di Brescia a cui Raineri in cambio chiedeva un biglietto per andare all’inaugurazione dell’anno giudiziario: «Mi faccia avere un biglietto tramite il capo guardia che poi vengo io e lo presento a Giuseppe» millantando, secondo le accuse, la sua amicizia con l’avvocato Frigo con il quale diceva di essere a pranzo («scusa Giuseppe che non sento... sì è qui con me, siamo a pranzo»). Conoscenze anche con Carlo Visconti, magistrato e segretario alla Corte costituzionale che - si legge sempre nell’ordinanza - lo sollecitava affinché il figlio del proprio portiere potesse celebrare il battesimo a Roma. 

I contatti con Tronca e Bazoli

Dalle intercettazioni emerge anche il legame con l’imprenditore bergamasco Venturino Austoni (pure lui destinatario dell’ordinanza) che lo sollecitava perché facesse pressioni su pubblici ufficiali a seguito delle verifiche fiscali su alcune sue società. Il rapporto tra i due non riguardava solo i pubblici ufficiali - diversi i contatti di Raineri con il generale della Finanza Fabio Migliorati - ma anche l’aggiudicazione di appalti pubblici in via preferenziale alle società di Pierino Zanga. «In tal contesto - scrive il gip - si inquadrano le pressioni, peraltro conclusesi positivamente, fatte da Raineri nei confronti di Ettore Fermi a beneficio della società Zanga al fine di far ottenere a questi l’assegnazione di lavori nell’ambito della realizzazione dell’alta velocità Brescia-Verona». Raineri vantava la capacità di influenza, sempre a vantaggio delle società degli amici, anche «nei confronti di altri uomini delle istituzioni quali Giovanni Bazoli e (come già detto) dell’ex prefetto di Milano Tronca, ciò allo specifico scopo di ottenere appalti per l’esecuzione di opere pubbliche». Ma questa attività che sarebbe continuata per tutto il periodo dell’indagine non avrebbe portato alcun esito positivo. Gli investigatori hanno concluso che «la millanteria posta in essere da Raineri nella maggior parte dei casi aveva ad oggetto una relazione con i pubblici uffici di fatto esistente e comprovata, in altri casi venivano in rilievo relazioni la cui esistenza non poteva accertarsi in concreto, come nel caso di Bazoli, essendosi accertato in tal caso solo scambi con la sua segretaria». 

lunedì 3 ottobre 2016

Finanza, appalti e ‘ndrangheta: arrestato faccendiere bresciano


Da: Corriere della Sera - Brescia (edizione online)
lunedì 3 ottobre 2016

Alessandro Raineri millantava contatti e conoscenze a «livello romano»

Avrebbe millantato alcuni contatti e conoscenze «anche a livello romano» nei suoi rapporti con imprenditori, Alessandro Raineri, presunto «faccendiere bresciano» arrestato, assieme ad altre 13 persone, nell’ inchiesta milanese con al centro l’acquisizione di subappalti di opere pubbliche in Lombardia. È quanto emerge dalle indagini condotte dal Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano. L’indagine avrebbe svelato una rete di «complicità e relazioni con soggetti operanti nel settore finanziario, economico ed imprenditoriale» che si sarebbe sviluppata a seguito dell’attività di Raineri, «uomo a libro paga degli imprenditori, ed in contatto con numerosi esponenti di diverse amministrazioni ed enti pubblici». Raineri si sarebbe anche «reso protagonista di diversi episodi di millantato credito, ricevendo dagli imprenditori appartenenti al sodalizio» soldi «a fronte del suo asserito interessamento a livello istituzionale» per la «risoluzione di loro problemi di varia natura. La presunta associazione per delinquere, smantellata il 3 ottobre nell’ambito dell’inchiesta milanese con al centro l’acquisizione di subappalti di opere pubbliche in Lombardia, sarebbe stata formata da «imprenditori bergamaschi e calabresi», alcuni dei quali «aventi contiguità ad un contesto criminale di `ndrangheta”. È quanto emerge dagli atti dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Ilda Boccassini e dal pm Bruna Albertini, che ha portato in carcere, tra gli altri, Davide Lonardoni, 45 anni di Varese, dirigente di NordIng, società del gruppo Ferrovie Nord Milano. Tra le 11 persone finite in carcere (per tre, invece, sono stati disposti i domiciliari) c’è anche Pierino Zanga, imprenditore bergamasco, dominus di un circuito di società aggiudicatrici dei vari subappalti per la realizzazione di opere pubbliche».
La custodia cautelare in carcere è stata disposta anche per Salvatore Piccoli, imprenditore nato a Catanzaro, per le due presunte «teste di legno», Pierluigi Antonioli e Giuseppe Colelli, per l’imprenditore bergamasco Venturino Austoni, e poi ancora per Antonio Stefano e Graziano Macri’, ritenuti dagli investigatori vicini a clan della `ndrangheta. E poi ancora per l’imprenditore Giuseppe Gentile, originario di Reggio Calabria, per il commercialista Giuseppe Tarantini. Agli arresti domiciliari, invece, sono finiti il dipendente della NordIng, Massimo Martinelli, Gianluca Binato, dipendente di della società `Itinera´, e l’imprenditore Livio Peloso.

Secondo le indagini, le «condotte corruttive» sarebbero consistite nella «concessione, a favore di dirigenti e responsabili di cantiere di importanti società appaltatrici di dazioni in denaro, beni e utilità varie» per ottenere «agevolazioni» nell’aggiudicazione dei lavori. La Gdf ha anche accertato «violazioni penal-tributarie», tra fatture false e «indebite compensazioni per crediti inesistenti», per «oltre 20 milioni di euro» dal 2010 in poi. Il Tribunale ha dichiarato il fallimento di tre delle società.