mercoledì 13 luglio 2016

‘Ndrangheta: fermati imprenditori e funzionari pubblici anche a Brescia


Articolo pubblicato sull'edizione online del Corriere della Sera di Brescia 

Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, intestazione fittizia di beni, estorsione aggravata dal metodo mafioso

La lista delle accuse: concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, intestazione fittizia di beni, estorsione aggravata dal metodo mafioso. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, aiutati da comandi provinciali in tutta Italia,hanno fermato 10 persone a Reggio Calabria, Roma, Milano, Brescia e Crotone. Ai dirigenti e funzionari pubblici è stata contestata l’associazione mafiosa: i magistrati li ritengono dei «prestanome» dei boss. Il «comitato d’affari» avrebbe gestito appalti per milioni di euro in tutta Italia. Contestata, a carico di due società, del settore della depurazione delle acque e di fornitura di servizio idrico integrato, la responsabilità amministrativa del reato. In città, i carabinieri reggini reggini hanno messo i sigilli ad Alluminio conduttori srl, sede legale bresciana di un’azienda attiva in Calabria, e Tecalco Srl con sede a San Ferdinando e unità locali a Brescia.

Contestualmente si sta procedendo al sequestro preventivo di 15 società, con relativo patrimonio aziendale o quote societarie, e di due negozi riconducibili ad alcuni degli indagati, per un valore economico complessivo di 42 milioni 500mila euro circa. L’indagine, iniziata nel 2013 dal reparto operativo dei carabinieri reggini e mirata a verificare il buon andamento del settore lavori pubblici del comune di Reggio Calabria, ha dimostrato l’esistenza di un «comitato d’affari» composto da dirigenti e funzionari pubblici e imprenditori, capace di gestire la macchina amministrativa comunale nell’interesse della `ndrangheta, che riusciva a orientare, aggirando ed eludendo la normativa antimafia, la concessione di appalti multimilionari in favore di holding imprenditoriali riconducibili alla ´ndrangheta.

giovedì 7 luglio 2016

«La 'ndrangheta è ramificata»

Articolo pubblicato su il Bresciaoggi del 29/06/16
Scritto da: E.BER.

GARDONE. Un convegno delinea l'attivismo della criminalià calabrese in Valtrompia


La mappa dimostra la gravità della situazione. In Valtrompia ci sono immobili confiscati alla 'ndrangheta in sei Comuni: si va dal terreno in località S. Andrea di Bovegno ai capannoni a Concesio passando dalla casa in montagna di Pezzaze, a quelli in Caino, Lumezzane, Sarezzo, Villa Carcina. Sono dati forniti l'altra sera nel Convegno «Mafia e Psicologia - dalla conoscenza all'intervento» in Comunità Montana a Gardone Valtrompia, coordinato dall'assessore ai Servizi sociali Mario Folli con relatori nell'ordine Fernando Scarlata (Comitato Antimafia di Brescia), Antonino Giorgi dell'Università Cattolica, Gian Antonio Girelli, presidente della Commissione antimafia regionale. La 'ndrangheta è forte a Brescia e in Valtrompia perchè vi ha applicato alla perfezione il suo meccanismo di gruppo «fondamentalista», lo stesso della deriva jihadista islamica: crescere nella «famiglia» calabrese robot esecutori pronti e indifferenti a tutto; lavorare sotto traccia, per colonizzare la zona in cui operano. Scarlata ha già fatto ai sindaci ed ora alla Comunità la proposta di una targa sugli immobili che renda noto a tutti che si tratta di bene confiscato. Per la 'ndrangheta il mondo si divide tra ciò che è Calabria e ciò che non è Calabria da dove partono sempre gli ordini. La legislazione italiana, avanzata e osservata in tutto il mondo, è efficace: da una parte con la confisca impedisce all'imprenditore della 'ndrangheta di continuare l'attività, dall'altra con l' «allontanamento dei minori» blocca la successione nella famiglia. Il bene confiscato a servizio della società poi è un colpo anche come simbolo di una alternativa. Ci sono fondi della Regione Lombardia a disposizione. In Valle Trompia hanno avviato domanda e ottenuto fondi Lumezzane (70.000 euro), Sarezzo (200.000 euro). Girelli, ha ricordato che la Regione Lombardia ha una legge antimafia dal 2015, illustrato il buon lavoro bipartisan della sua Commissione ha insistito su due parole d'ordine: legalità e «responsabilità».

domenica 3 luglio 2016

Comitato antimafia: pericolo di infiltrazioni della ’ndrangheta


Articolo pubblicato su Il Giornale di Brescia del 2/07/16
Scritto da: c. d.

L’allarme mentre è in corso a Brescia il processo Pesci, per fatti mantovani

Si sta svolgendo nelle aule del tribunale di Brescia il processo Pesci, costola lombarda dell’inchiesta Aemilia. Sotto accusa il clan cutrese dei Grande Aracri, con ramificazioni a Mantova e a Cremona. Associazione mafiosa, estorsione e traffico di armi le accuse rivolte al boss della ’ndrangheta Nicolino Grande Aracri e ad altri quindici imputati, tra cui note figure politiche. «Anche se non si tratta di una vicenda bresciana - ha sottolineato Fernando Scarlata, coordinatore del Comitato antimafia Peppino Impastato - noi intendiamo porre l’attenzione su questo processo. Perché le infiltrazioni sono partite da alcune città dell’Emilia Romagna per poi diffondersi nel Cremonese e nel Mantovano, perciò Brescia potrebbe essere la prossima tappa». Per Scarlata, che ieri mattina ha tenuto una conferenza stampa proprio davanti al Tribunale cittadino, non si può attendere: «Abbiamo il dovere - ha sottolineato - di prevenire questo rischio prima che divenga realtà. Brescia è la seconda città della Lombardia per beni confiscati alla mafia e la cosa dovrebbe farci riflettere. La ’ndrangheta al Nord non è solo traffici illeciti di stupefacenti, ma anche e soprattutto abusi edilizi, che nella maggior parte dei casi - ha detto Scarlata - vedono coinvolti poteri politici e colossi imprenditoriali. A Brescia mancano inchieste che ravvisino questi collegamenti». Un altro filone del processo Pesci, quello relativo all’affare Lago castello, si sta svolgendo a Roma, con il filone dell’affare Lagocastello, e un altro ancora a Mantova, per l’episodio di corruzione tra l’ex sindaco Nicola Sodano e il commercialista Domenico Laratta per la nomina del secondo nel collegio dei revisori dell’Università in cambio di presunte prestazioni professionali gratuite.