Chiedevano 750 euro per raggiungere
Parigi Chi denunciava se la passava davvero male
Le mani sul trasporto dei clandestini da Brescia a Parigi,
Vienna, Monaco. Ma anche sul business illecito delle patenti facili e sulle
consegne subappaltate dai più noti corrieri nazionali e internazionali.
Volevano tenerle ovunque, le mani. Non sopportavano proprio che qualche
sfrontato connazionale facesse lo stesso senza la loro benedizione.
Per almeno sei
mesi, ma gli inquirenti ritengono siano
decisamente di
più, hanno tenuto
sotto scacco l’intera comunità indiana
radicata nel Bresciano, ma anche nelle province limitrofe. Nelle scorse ore
hanno dovuto abbassare la serranda sui loro affari criminali. Ad imporre loro
la serrata sono stati gli agenti della Squadra Mobile della Polizia che all’alba
di ieri hanno portato nove di loro in cella e notificato ad altri dieci una
denuncia a piede libero.
Nella Bassa. I 19 stranieri, tutti indiani e
pakistani, finiti nel mirino del pm Lara Ghirardi, anche per il gip Luca
Tringali devono rispondere di associazione per delinquere, incendio,
rapina, estorsione, lesioni personali, detenzione e porto illegale di armi da
sparo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli indagati sono per lo
più di casa nella Bassa bresciana, da Rovato a San Paolo, da Orzinuovi a
Corzano a Borgo San Giacomo. Alcuni di loro risiedono a Concesio, uno a
Castenedolo, uno in città. L’indagine degli uomini del dirigente Giuseppe
Schettino è andata oltre i confini provinciali e raggiunto anche paesi del Cremonese
ed è partita dalla rapina subita da un cittadino indiano nel novembre del 2014,
nei pressi di una delle sedi dove si tengono esami per la patente. Scavando
sotto la superficie di quel colpo, che frutta
un cellulare e poche decine di euro, gli agenti scoprono un avvertimento
mafioso. La vittima è ritenuta, da chi l’ha lanciato, un concorrente nella
gestione dell’affare illecito delle patenti facili - quelle ottenute dotando il
candidato di microfono e ricetrasmittente per inviare le domande ed ottenere da
remoto le risposte ai quiz - e per questa ragione va tolto di mezzo. Questo business,
capace di fruttare 3.000 euro per ogni licenza di guida ottenuta, fanno capire
gli appartenenti alla consorteria, «è cosa nostra e guai a chi prova a farci
concorrenza».
Ritorsioni. Chi si mette di mezzo, anche
inconsapevolmente, rischia di finire male. È il caso dell’uomo raggiunto da
colpi d’arma da fuoco in tangenziale il 30 novembre del 2014, ma anche dei
proprietari dei furgoni e delle auto date alle fiamme tra Mairano e Brescia,
fino all’aprile del 2015. Questi ultimi pagavano il tentativo di restare alla
larga dal giro, di non sottoporsi alla «protezione» della consorteria, ma anche
di non sottostare ai suoi prezzi al ribasso nella distribuzione delle merci per
i corrieri.
Il ramo d’azienda più redditizio per i 19 indagati era con
tutta probabilità l’«agenzia viaggi». L’associazione
provvedeva anche al trasporto di persone sprovviste di titoli di soggiorno
dall’Italia ad altri paesi europei e viceversa. A seconda dello status del
viaggiatore, e quindi del rischio corso nel trasporto, pretendeva cifre che
variavano da 250 a 750 euro.
I viaggi avvenivano su auto capaci di ospitare sino a
sette persone: nel giro di una sola giornata ognuna delle tre macchine
utilizzate poteva realizzare una plusvalenza di diverse migliaia di euro. Chi
ha cercato di denunciare queste trasferte illegali, l’ha pagata a caro prezzo:
è stato costretto a suon di botte e minacce a rimangiarsi la parola.
Il questore: «Abbiamo liberato la comunità indiana da un giogo»
Tra i diciannove soggetti finiti
nel mirino della Squadra Mobile c’è anche
Gurjeet Singh detto Jeeta, più noto per il suo coinvolgimento, anche se indiretto,
nell’omicidio di Francesco e Giovanna Serramondi, i due titolari della pizzeria
al taglio della Mandolossa finita al centro delle cronache l’estate scorsa.
Jeeta, per gli inquirenti, è l’uomo che ha ceduto il fucile ai due responsabili
del duplice delitto.
«La possibilità di avere a
disposizione delle armi – ha sottolineato ieri
in conferenza stampa il questore Vincenzo Ciarambino - è la riprova della
pericolosità di questo gruppo criminale. Gli uomini della Mobile hanno condotto
una brillante indagine, sia con attività tecniche di intercettazione ambientale
e telefonica, sia ricorrendo a metodi più classici. Non era facile ricostruire
i ruoli e attribuire le responsabilità ad ognuno degli indagati. Ci siamo
riusciti. Siamo riusciti a liberare la comunità indiana dal giogo di una
pericolosa consorteria criminale».