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Condannato a 5 anni
l'imprenditore Gurmit Singh, titolare della società "Singh is King" e
considerato il capo del sodalizio che sfruttava i lavoratori, e a 4 mesi Lakbir
Singh, che invece faceva solo l'autista.
Sarebbero almeno 34
le vittime di un sistema purtroppo assodato di metodico sfruttamento dei lavoratori
disperati: erano tutti indiani, connazionali dei loro sfruttatori, tre di loro
addirittura minorenni, uno di loro che aveva ancora 13 anni. Sono due i
condannati: il 24enne Gurmit Singh, titolare della società “Singh is King” e
considerato a capo dell'organizzaione, e il più “anziano” Lakbir Singh, che
invece faceva solo l'autista.
Il primo è stato
condannato a cinque anni di reclusione, con l'obbligo di espulsione dal territorio
nazionale una volta scontata la pena. Il secondo invece è stato condannato a
“soli” quattro mesi di carcere.
Il meccanismo
funzionava anche grazie alla complicità di aziende italiane della zona, che in
cambio di qualche “mazzetta” si inventavano delle false assunzioni. In realtà i
lavoratori venivano pagati in nero, e non più di 300 euro al mese per lavorare
anche 15 ore al giorno.
I giovani operai
vivevano nel ricatto: costretti ad accettare condizioni lavorative da terzo mondo
pur di poter rimanere in Italia, sognando un giorno il pemesso di soggiorno.
Lavoravano nei campi e negli allevamenti, in aziende agricole bresciane.
In particolare la
manodopera sarebbe stata "smistata" nelle campagne di
Alfianello, Ghedi, Gottolengo, Roncadelle e San Gervasio. La “banda” degli
sfruttatori era ben articolata: c'era chi reclutava i lavoratori, chi li
portava in azienda a lavorare, chi trattava con gli imprenditori.