lunedì 24 aprile 2017

Brescia: operazione "Eiye 2", condannati a 5 anni i boss della mafia nigeriana


Si è concluso con due condanne e tre assoluzioni il processo propedeutico all'operazione "Eiye 2", che aveva portato all'arresto di cinque persone legate alla mafia locale nigeriana“

Undici indagati, cinque arrestati ma solo due condannati: si chiude così (almeno per ora) la vicenda legata al gruppo Eiye, la mafia nigeriana attiva anche nel Bresciano, e soprattutto in città. Una storia che comincia da lontano: in origine Eiye era una confraternita studentesca, poi trapiantata in Italia e in Spagna ma per gestire armi, droga e prostituzione.

La prima serie di arresti a Brescia risale al 2007, la prima volta che la Questura riuscì a scalfire quella che era stata definita la “cupola nigeriana”. Pochi anni più tardi, la seconda grande operazione (denominata “Eiye 2”), che ha portato infine agli undici indagati. E adesso condanne e assoluzioni.

I due condannati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso: per loro cinque anni di carcere. Questi i nomi: Charles Igiebor, 37 anni e conosciuto anche come “Charlie Bergamo”, e Kennedy Agahowa, che di anni ne ha 47 e nel settore era chiamato semplicemente “Ken”.

Oltre al loro ce ne sono altri tre, tutti assolti perché in questo caso il fatto non sussiste, e l'accusa (di associazione a delinquere di stampo mafioso) non regge. Negli anni la banda degli Eiye ne ha fatte di cotte e di crude, anche a Brescia.

Gestivano loro il racket nigeriano: prostituzione, droga, armi. Chiedevano 600 euro a chiunque volesse unirsi a loro, quasi un franchising dell'illegalità. Non solo spaccio e reati minori, ma anche rapine ed estorsioni.

Senza lesinare l'utilizzo della violenza. Furono proprio due atti violenti a far scattare le indagini della Questura. Una rissa in un locale pubblico, sempre in città, forse un regolamento di conti. Ma soprattutto un'altra rissa, scoppiata questa volta durante un funerale.


Elementi utili alle indagini anche le testimonianze di un gruppetto di nigeriani, residenti in città e stanchi delle angherie della banda. Furono loro a fare nomi e cognomi, a raccontare degli illeciti. Molti di loro però non sono arrivati a testimoniare: si sono ritirati prima del dovuto. Forse a causa delle minacce della stessa banda.

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