venerdì 29 aprile 2016

La Polizia chiude una «cosca» indiana. Gestiva anche il traffico di clandestini

Pubblicato sul Giornale di Brescia di  venerdì 29 aprile
Scritto da Pierpaolo Prati

Chiedevano 750 euro per raggiungere Parigi Chi denunciava se la passava davvero male

Le mani sul trasporto dei clandestini da Brescia a Parigi, Vienna, Monaco. Ma anche sul business illecito delle patenti facili e sulle consegne subappaltate dai più noti corrieri nazionali e internazionali. Volevano tenerle ovunque, le mani. Non sopportavano proprio che qualche sfrontato connazionale facesse lo stesso senza la loro benedizione.
Per almeno sei
mesi, ma gli inquirenti ritengono siano decisamente di
più, hanno tenuto
sotto scacco l’intera comunità indiana radicata nel Bresciano, ma anche nelle province limitrofe. Nelle scorse ore hanno dovuto abbassare la serranda sui loro affari criminali. Ad imporre loro la serrata sono stati gli agenti della Squadra Mobile della Polizia che all’alba di ieri hanno portato nove di loro in cella e notificato ad altri dieci una denuncia a piede libero.
Nella Bassa. I 19 stranieri, tutti indiani e pakistani, finiti nel mirino del pm Lara Ghirardi, anche per il gip Luca Tringali devono rispondere di associazione per delinquere, incendio, rapina, estorsione, lesioni personali, detenzione e porto illegale di armi da sparo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli indagati sono per lo più di casa nella Bassa bresciana, da Rovato a San Paolo, da Orzinuovi a Corzano a Borgo San Giacomo. Alcuni di loro risiedono a Concesio, uno a Castenedolo, uno in città. L’indagine degli uomini del dirigente Giuseppe Schettino è andata oltre i confini provinciali e raggiunto anche paesi del Cremonese ed è partita dalla rapina subita da un cittadino indiano nel novembre del 2014, nei pressi di una delle sedi dove si tengono esami per la patente. Scavando sotto la superficie di quel colpo, che frutta un cellulare e poche decine di euro, gli agenti scoprono un avvertimento mafioso. La vittima è ritenuta, da chi l’ha lanciato, un concorrente nella gestione dell’affare illecito delle patenti facili - quelle ottenute dotando il candidato di microfono e ricetrasmittente per inviare le domande ed ottenere da remoto le risposte ai quiz - e per questa ragione va tolto di mezzo. Questo business, capace di fruttare 3.000 euro per ogni licenza di guida ottenuta, fanno capire gli appartenenti alla consorteria, «è cosa nostra e guai a chi prova a farci concorrenza».
Ritorsioni. Chi si mette di mezzo, anche inconsapevolmente, rischia di finire male. È il caso dell’uomo raggiunto da colpi d’arma da fuoco in tangenziale il 30 novembre del 2014, ma anche dei proprietari dei furgoni e delle auto date alle fiamme tra Mairano e Brescia, fino all’aprile del 2015. Questi ultimi pagavano il tentativo di restare alla larga dal giro, di non sottoporsi alla «protezione» della consorteria, ma anche di non sottostare ai suoi prezzi al ribasso nella distribuzione delle merci per i corrieri.
Il ramo d’azienda più redditizio per i 19 indagati era con
tutta probabilità l’«agenzia viaggi». L’associazione provvedeva anche al trasporto di persone sprovviste di titoli di soggiorno dall’Italia ad altri paesi europei e viceversa. A seconda dello status del viaggiatore, e quindi del rischio corso nel trasporto, pretendeva cifre che variavano da 250 a 750 euro.
I viaggi avvenivano su auto capaci di ospitare sino a sette persone: nel giro di una sola giornata ognuna delle tre macchine utilizzate poteva realizzare una plusvalenza di diverse migliaia di euro. Chi ha cercato di denunciare queste trasferte illegali, l’ha pagata a caro prezzo: è stato costretto a suon di botte e minacce a rimangiarsi la parola.


Il questore: «Abbiamo liberato la comunità indiana da un giogo»

Tra i diciannove soggetti finiti nel mirino della Squadra Mobile c’è anche Gurjeet Singh detto Jeeta, più noto per il suo coinvolgimento, anche se indiretto, nell’omicidio di Francesco e Giovanna Serramondi, i due titolari della pizzeria al taglio della Mandolossa finita al centro delle cronache l’estate scorsa. Jeeta, per gli inquirenti, è l’uomo che ha ceduto il fucile ai due responsabili del duplice delitto.

«La possibilità di avere a disposizione delle armi – ha sottolineato ieri in conferenza stampa il questore Vincenzo Ciarambino - è la riprova della pericolosità di questo gruppo criminale. Gli uomini della Mobile hanno condotto una brillante indagine, sia con attività tecniche di intercettazione ambientale e telefonica, sia ricorrendo a metodi più classici. Non era facile ricostruire i ruoli e attribuire le responsabilità ad ognuno degli indagati. Ci siamo riusciti. Siamo riusciti a liberare la comunità indiana dal giogo di una pericolosa consorteria criminale». 

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